Non tenere assolutamente i soldi sul conto corrente | Errore gigantesco: intervento urgente dello Stato

Accumulare soldi sul conto bancario senza investirli non conviene – finanzarapisarda.com

Lasciare i soldi immobili sul conto in banca non conviene. Ecco svelati 4 motivi per non farlo. 

Molti cittadini sono sinceramente convinti che lasciare le somme in banca, immobili, sia la scelta migliore in qualità di risparmiatori.

Di fatto, ciò non si rivela conveniente, e soprattutto in periodo di crisi, quale l’attuale congiuntura sfavorevole attraversata.

Tenere i soldi sul conto corrente non farà guadagnare, e ciò può trasformarsi in determinate ipotesi in un vero e proprio rischio di perdita. Vediamo il tutto maggiormente nei dettagli, con i 4 motivi qui di seguito.

Perché tenere i soldi fermi in banca non si rivela una saggia decisione

Un primo motivo è rinvenibile nell’inflazione, nel momento in cui la stessa è in atto (come il momento presente). In presenza di una forte inflazione, determinate sigle bancarie, possono richiedere degli interessi negativi ai propri clienti.

In definitiva, i clienti saranno tenuti a pagare, in quelle situazioni, proprio per mantenere la giacenza in banca delle proprie somme. Se a novembre 2021 il tasso d’inflazione riscontrato era del 3,7%, e con rendimenti di liquidità negativi, in 10 anni si perderà circa il 30% sul potere d’acquisto della moneta. A ciò si aggiunge l’aumento inflattivo recentemente aggiuntosi.

Sarebbe consigliabile ricorrere, laddove non ci siano rendimenti di liquidità o gli stessi siano negativi, per non subire in maniera addirittura aggravata gli effetti dell’inflazione, ricorrere a forme ibride d’investimento. Le stesse dovrebbero sia tenere sotto controllo il tasso di volatilità che proteggere il capitale, con la ricerca di titoli dai rendimenti superiori rispetto al cambio valore della moneta.

Sempre meglio puntare su strumenti finanziari con tassi di rendimento più elevati, piuttosto che abbandonare il conto all’inflazione – finanzarapisarda.com

Gli aspetti fiscali e il possibile fallimento

Altro motivo è la possibilità di una tassa patrimoniale, che potrebbe stabilirsi con decretazione d’urgenza. Nel 1992 il Governo Amato decise appunto con un decreto il prelievo coattivo del 6 per mille sui conti correnti, e il tutto si è svolto in una notte. In un periodo di congiuntura economica particolarmente sfavorevole, non solo c’è il rischio di una nuova patrimoniale, ma potrebbe arrivare a quote anche nettamente superiori. Si pensi a tale proposito a quanto avvenne nella crisi greca, con un vero e proprio fallimento di Stato e prelievi coattivi dai conti correnti.

Il terzo motivo è l’imposizione fiscale ordinaria. È calcolato che un conto inferiore a 5.000 euro usufruisce di un trattamento di favore sul piano fiscale. Meglio dunque investire in strumenti finanziari dall’imposta di bollo agevolata per patrimoni eccedenti. Più si terrà un certo patrimonio oltre tale soglia, maggiori saranno gli importi versati per l’imposizione fiscale.

Infine un quarto motivo è il fallimento della banca, sempre possibile. Laddove la banca fallisse, l’elenco di chi ci rimette segue un ordine gerarchico. Prima gli azionisti, poi i titolari di altri titoli di capitale, a seguire altri creditori subordinati, poi i chirografari, e infine i correntisti con depositi eccedenti i 100.000 euro. Tenere a lungo una somma oltre tale soglia depositata in una banca sottopone la medesima a rischio.