Siti per adulti | Ecco chi si nasconde veramente dietro: controllo totale e mondiale

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Un giro di tantissimi miliardi intorno al genere per adulti che porta ogni anno introiti davvero alti: si tratta di investitori e proprietari europei che hanno in controllo i siti hard più in voga.

Si parla di un giro d’affari di miliardi, ogni anno, che arrivano da introiti del genere dei film per adulti. Si parla di tantissimi soldi e di tantissimi guadagni. Ma chi sono i magnati dell’industria?

Con il porno di nuova generazione, soprattutto alla nascita di Internet e alla possibilità di fruizione gratuita del genere, tantissime persone ad oggi sono consumatori dei film hard.

Fino agli anni 80 o inizio 90 il porno era infatti relegato alle riviste di settore o al massimo alle videocassette che potevano essere affittate nei locali appositi di visione.

Poi con l’avvento di Internet appunto tutto è cambiato ed il porno è esploso a livello mondiale grazie a quelli che sono oggi i pilastri del genere.

Porno e Internet: quali sono i magnati dell’industria pornografica online

Si parla di stime davvero enormi in questo mercato, secondo infatti una ricerca che era stata portata a compimento da Wired nel 2015, ovvero alla metà del decennio scorso, ogni anno le ricerche nel porno superano almeno i 2 miliardi.

E di queste ricerche, la maggioranza avvengono sui pilastri del settore, come ad esempio la più conosciuta e rinomata PornHub, che da poco ha visto il passaggio delle sue redini ad una nuova proprietà. Vi è anche XVideos che fa parte di un gruppo di investitori con a capo due fratelli francesi; vi è poi un magnate dell’industria di origini ungheresi proprietario di LiveJasmin. Ma la più sensazionale senza dubbio rivelazione di quest’ultimo periodo è certamente la novizia OnlyFans, di cui proprietaria è la Fenix International Limited, una società inglese con sede a Londra, in Regno Unito.

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Sempre dalla ricerca si vede anche un aumento davvero forte del consumo del porno: inserita nel General Social Survey (GSS), sondaggio attivo dal 1973 a livello nazionale negli Stati Uniti, un ricercatore dell’Università dell’Indiana ha evinto che internet abbia cambiato sì l’accesso, ma non per forza l’intensità del consumo. Se durante il decennio pre-esplosione della rete (1987-1997), il 32% degli uomini aveva risposto “sì”, nei successivi 12 anni (1998-2010), la cifra era del 34%, in aumento del 2%.